Retata contro la cosca Pesce, 24 in carcere Decisive le rivelazioni della nuova pentita. Una donna ricopriva il ruolo di contabile. Sequestrata un'impresa
Paolo Toscano
Reggio Calabria
I nuovi assetti della 'ndrangheta di Rosarno. Una realtà criminale dove anche le donne avevano ruoli di responsabilità descritti dall'interno, grazie alla collaborazione di una pentita. Un contributo alla ricostruzione di ruoli e responsabilità l'ha fornito Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore, che dallo scorso mese di ottobre ha cominciato a collaborare con i magistrati della Dda reggina. Un altro nome da inserire nell'elenco dell'ultima generazione di pentiti e aggiungere a quelli di Roberto Moio, Nino Lo Giudice, Consolato Villani.
L'interessante spaccato della realtà criminale di Rosarno emerge dall'inchiesta dei Carabinieri sfociata all'alba di ieri nell'operazione "All Inside" che ha portato in carcere 24 tra presunti affiliati alla cosca Pesce e appartenenti alle istituzioni.
L'indagine, infatti, ha consentito di scoprire l'esistenza di una cellula di carabinieri infedeli. Tra le persone finite in manette ci sono due graduati dell'Arma, l'appuntato Carmelo Luciano e il carabiniere scelto Giuseppe Gaglioti, in servizio alla tenenza di Rosarno all'epoca dei fatti ma già trasferiti, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione.
Stando ai risultati delle indagini entrambi avevano stretti contatti contatti con la cosca Pesce, in particolare con Francesco Pesce, riferendo sulle iniziative giudiziarie a carico della cosca, nonché falsificando un verbale di contestazione di infrazione al codice della strada, ricevendo per i servizi resi alla cosca quale corrispettivo vari favori (apparati tecnologici, autovetture a prezzo di favore). Di corruzione è accusato anche un altro collega dei due militari arrestati, il carabiniere Lucio Aliberti nei cui confronti non è stata adottata alcuna misura.
L'amara scoperta dell'esistenza di militari infedeli capita in un momento difficile per la Benemerita, alle prese con gli inquietanti risvolti delle recenti vicende giudiziarie che hanno avuto per protagonisti il commercialista Giovanni Zumbo, ritenuto una talpa delle cosche, e Luciano Lo Giudice (fratello di Nino, il boss pentito) entrambi legati a carabinieri. Dall'operazione condotta ieri viene fuori forte e chiara la volontà dell'Arma di fare pulizia ed eliminare le mele marce. Tra le persone finite dietro le sbarre c'è anche un assistente della Polizia penitenziaria in servizio al carcere di Palmi e già collocato in pensione, Eligio Auddino, accusato di aver favorito durante la detenzione il boss Salvatore Pesce.
L'operazione "All Inside II" costituisce il completamento del lavoro avviato il 28 aprile scorso con una raffica di fermi, che aveva consentito di approfondire gli assetti e l'operatività delle cosche di Rosarno. La nuova operazione si è articolata nell'esecuzione di due provvedimenti: un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Francesco Petrone a carico di 14 delle 16 persone indagate e un decreto di fermo emesso nei confronti di 10 persone sulla base delle rivelazioni della collaboratrice di giustizia. Giuseppina Pesce, in qualità di partecipe, avrebbe svolto un delicato ruolo di collegamento e trasferimento di comunicazioni e ordini tra il padre detenuto e gli altri associati.
L'indagine propone una ricostruzione degli equilibri e dei legami tra soggetti appartenenti alle diverse famiglie di 'ndrangheta attive a Rosarno. In particolare le acquisizioni investigative hanno delineato i contorni di una delle più importanti cosche mafiose della Piana. L'indagine, condotta dai Carabinieri del comando provinciale in collaborazione con il Ros, era stata avviata in seguito all'omicidio di Domenico Sabatino, avvenuto l'8 ottobre 2006, soggetto collocato dagli inquirenti nell'organico della cosca Pesce. Gli spunti investigativi hanno consentito ai militari dell'Arma di introdursi nelle dinamiche criminali, comprenderne le logiche e gli equilibri, ascoltare in diretta, dalla voce dei principali protagonisti, il contenuto delle relazioni e degli accordi, registrare le modalità di esecuzione di progetti della cosca Pesce i cui capi sono stati individuati in Antonino Pesce (detenuto) e suo figlio Francesco (latitante).
I particolari dell'operazione sono stati forniti in conferenza stampa dal procuratore Giuseppe Pignatone, insieme con l'aggiunto Michele Prestipino, il comandante provinciale dell'Arma, Pasquale Angelosanto, il suo vice, tenente colonnello Carlo Pieroni, il comandante del Ros provinciale, tenente colonnello Stefano Russo, il comandante del nucleo investigativo maggiore Gianluca Vitagliano.
Dagli atti di "All inside II" ha trovato conferma che il territorio di Rosarno è dominato dalle storiche famiglie di 'ndrangheta dei Pesce e dei Bellocco, che possono contare su collegamenti con esponenti della criminalità organizzata in Sicilia, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Toscana e Puglia, oltreché con propri associati trapiantati in Austria e Germania. L'indagine "Il Crimine" aveva certificato l'esistenza della "società di Rosarno" e attestato la sua rilevanza nell'ambito della 'ndrangheta, sia in termini numerici sia per le alte cariche rivestite dagli affiliati (Domenico Oppedisano è "capo crimine").
In questo contesto criminale le donne trovavano il loro spazio. Tra gli arrestati sono finite Carmelina Capria, moglie di Antonino Pesce detto "testuni", già detenuto, capo della cosca Pesce. Carmelina Capria, secondo gli inquirenti, svolge il delicato compito di trasmettere all'esterno del carcere le disposizioni impartite dal marito detenuto ai sodali, in particolare al figlio Francesco, anch'egli detenuto, sia agli altri rami della famiglia che compongono l'associazione. La donna è anche cassiera-amministratrice. Anche Maria Grazia Pesce ricopriva il delicato incarico di portaordini tra il carcere e i membri della cosca operativi su Rosarno. Altro personaggio di spessore viene identificato in Andrea Fortugno. Gli vengono attribuite funzioni operative in particolare nello smercio di sostanze stupefacenti e dell'approvvigionamento di armi. Fortugno era già stato arrestato per aver provocato i disordini dello scorso gennaio a Rosarno. Gli inquirenti avevano individuato in lui il soggetto che, sporgendosi dal finestrino della macchina, aveva esploso numerosi colpi di arma da fuoco all'indirizzo di quattro cittadini di origine africana, ferendone due.
L'operazione di ieri, oltre gli arresti e i fermi, è stata completata con il sequestro dell'impresa individuale "Techno Inerte di Morano Angelina", con sede legale nella Piana di Gioia Tauro, per la precisione in contrada Fabiana di Candidoni, avente per attività movimento terra e lavori di costruzioni generali civili e privati. Il sequestro ha interessato tutti gli elementi presenti nel patrimonio aziendale (i crediti, gli articoli risultanti dall'inventario, i beni strumentali, la denominazione aziendale, l'avviamento), i conti correnti, nonché tutte le autorizzazioni all'esercizio dell'attività commerciale concesse dalle autorità competenti.
TUTTI I NOMI
ARRESTATI
Antonino Pesce, 57 anni, Rosarno
Rocco Pesce, 53 anni, Rosarno
Salvatore Pesce, 49 anni, Rosarno
Francesco Pesce, 26 anni, Cinquefrondi
Vincenzo Pesce, 24 anni, Gioia Tauro
Francesco D'Agostino, 31 anni, Polistena
Andrea Fortugno, 26 anni, Cinquefrondi
Giuseppe Ferraro, 49 anni, Taurianova
Carmelina Capria, 47 anni, Rosarno
Carmelo Luciano, 45 anni, Palmi
Giuseppe Gaglioti, 32 anni, Palmi
Eligio Auddino, 45 anni, Cinquefrondi
Franco Rao, 46 anni, Taurianova
Maria Grazia Pesce, 28 anni, Rosarno
RISULTANO INDAGATI
Salvatore Consiglio, 30 anni, Taurianova
Lucio Aliberti, 30 anni, Palermo
Marcello Pesce, 46 anni, Rosarno
SOTTOPOSTI A FERMO
Domenico Sibio, 32 anni, Taurianova
Giuseppe Filardo, 42 anni, Rosarno
Rocco Rao, 49 anni, Rosarno
Domenico Arena, 56 anni, Rosarno
Antonio Arena, 45 anni, FilandariGiuseppe Di Marte, 54 anni, Rosarno
Francesco Di Marte, 47 anni, Rosarno
Francesco Giovinazzo, 30 anni, Gioia Tauro
Mario Ferraro, 61 anni, Rosarno
Antonio Pesce, 47 anni, Rosarno
http://www.gazzettadelsud.it/NotiziaArchivio.aspx?art=156461&Edizione=6&A=20101124
‘NDRANGHETA: CONFISCATI BENI A CLAN FORASTEFANO NEL COSENTINO
(AGI) – Cosenza, 24 nov. – I beni confiscati oggi nel Cosentino a due persone, Vincenzo Forastefano, 37 anni, e Cosimo Giuseppe Rizzo, 39 anni, ritenuti elementi di spicco del clan calabrese dei Forastefano, consistono in beni mobili ed immobili. In particolare, nella conferenza stampa che si e’ tenuta in tarda mattinata presso la Questura di Cosenza, e’ stato specificato che a Vincenzo Forastefano, fratello del capoclan Antonio, sono stati confiscati i beni gia’ sequestrati nel luglio del 2009. Si tratta del complesso aziendale della Forastefano trasporti, di un fabbricato non ancora accatastato che si trova a Cassamo Ionio, intestato alla madre, Maddalena Tunno, di sette autovetture di lusso, due motociclette di grossa cilindrata e un conto corrente bancario. A Rizzo sono stati invece confiscate due imprese individuali, un terreno edificabile a Villapiana (Cosenza), undici autoveicoli, tre moto e un libretto di risparmio. Nella conferenza stampa e’ stata espressa soddisfazione per quanto deciso dal Tribunale di Cosenza. La confisca di oggi porta a circa 100 milioni di euro il totale dei beni confiscati ai clan criminali nell’ultimo anno. (AGI) Ros/Cs1
(ANSA) – COSENZA, 24 NOV – Beni per un valore di otto milioni di euro sono stati confiscati dalla polizia a Vincenzo Forastefano e Cosimo Giuseppe Rizzo, entrambi di Cassano allo Ionio, ritenuti elementi di spicco della cosca Forastefano operante nella Sibaritide. Vincenzo Forastefano e' il fratello di Antonio, ritenuto il capo della cosca, mentre Rizzo e' cognato del boss. La confisca e' stata eseguita da personale dell'Ufficio misure di prevenzione della Questura di Cosenza su disposizione del Tribunale.
CASSANO: BENI PER OTTO MILIONI DI EURO CONFISCATI ALLA COSCA FORASTEFANO
Cassano - Beni per un valore di circa otto milioni di euro sono stati confiscati, stamane, dagli agenti di Polizia della Questura di Cosenza, a Vincenzo Forastefano ed a Cosimo Giuseppe Rizzo, entrambi di Cassano e ritenuti elementi di spicco della cosca 'ndranghetista facente capo alla stessa famiglia Forastefano ed operante nell'intera Sibaritide.Vincenzo Forastefano è il fratello di Antonio, ritenuto il capocosca, mentre Rizzo è il cognato del boss. La confisca dei beni è stata eseguita daglui agenti dell'Ufficio misure di prevenzione della Questura cosentina su disposizione del Tribunale. I beni confiscati oggi erano già stati sequestrati nel luglio del 2009. Si tratta del complesso aziendale della Forastefano trasporti, d'un fabbricato non ancora accatastato che si trova a Cassano intestato alla madre Maddalena Tunno, di sette autovetture di lusso, due motociclette di grossa cilindrata e un conto corrente bancario. A Rizzo sono stati invece confiscate due imprese individuali, un terreno edificabile a Villapiana, undici autoveicoli, tre moto ed un libretto di risparmio.
http://www.sibarinet.it/index.php?option=com_content&view=article&id=831:cassano-beni-per-otto-milioni-di-euro-confiscati-alla-cosca-forastefano&catid=36:cassano-allo-jonio-&Itemid=76
'Ndrangheta, nuovo maxisequestro
Sigilli a impresa edile con sede all'Aquila
La mobile effettua un sequestro da 50 milioni di euro disposto dalla Procura di Reggio Calabria ai danni delle cosche Borghetto, Zindato e Caridi. Si tratta per lo più di ditte di costruzioni. Una operava nel capoluogo abruzzese: non si esclude che sia stata creata per sfruttare la ricostruzione
REGGIO CALABRIA – C'è anche un'impresa edile con sede all'Aquila tra i beni sequestrati dalla squadra mobile alla 'ndrangheta per complessivi 50 milioni di euro, provvedimento disposto dal gip su richiesta del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, e del sostituto Marco Colamonici. Complessivamente il sequestro riguarda 12 imprese e società operanti, per lo più, nell'edilizia.
I sigilli sono stati posti su attività collegate alle cosche Borghetto, Zindato e Caridi. Tra queste spicca, appunto, la Tesi costruzioni, con sede nel capoluogo abruzzese e riconducibile a Santo Giovanni Caridi. Al momento, secondo quanto riferito dagli investigatori, non sono stati acquisiti elementi che facciano ritenere che l'impresa sia stata costituita per sfruttare i lavori del post terremoto, anche se l'ipotesi non viene esclusa. Da segnalare anche una società a Roma proprietaria di un panificio, una a Reggio Calabria titolare di un palaghiaccio mobile, il circolo ricreativo Las Vegas sempre a Reggio, tre appartamenti e tre automobili.
Attraverso le imprese, le cosche si infiltravano nel settore delle costruzioni e si sarebbero aggiudicate appalti pubblici. Alcuni dei beni sequestrati, inoltre, intestati a prestanome, erano frutto del reimpiego dei proventi delle attività illecite delle cosche.
Il sequestro di beni è il seguito dell'operazione che il 29 ottobre scorso aveva portato all'arresto di 33 presunti affiliati alle tre cosche, considerate dagli inquirenti "satelliti"
del gruppo storico dei Libri e protagoniste di una serie di estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori.
(24 novembre 2010)
www.repubblica.it
(ANSA) – REGGIO CALABRIA, 24 NOV – Beni per un valore di 50 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Squadra mobile di Reggio Calabria ad affiliati alle cosche Borghetto, Zindato e Caridi della 'ndrangheta.Il sequestro e' stato disposto dal gip.
Tra i beni sequestrati anche un'impresa, la Tesi costruzioni, che ha sede a L'Aquila. Al momento non sono stati acquisiti elementi che facciano ritenere che l'impresa sia stata costituita per i lavori del post terremoto, anche se l'ipotesi non viene esclusa.
(ANSA) – CROTONE, 17 NOV – La polizia ha confiscato a Crotone beni per un milione e mezzo di euro appartenenti ad un presunto affiliato alla 'ndrangheta, Roberto Bartolotta, di 46 anni, esponente della cosca dei 'Papaniciari'.
I beni confiscati consistono in un distributore di benzina, cinque immobili tra case e negozi e un terreno agricolo. Bartolotta e' accusato di avere gestito un giro di estorsioni in favore della sua cosca di appartenenza. Gli immobili oggetto del provvedimento di confisca erano stati sequestrati nello scorso mese di marzo. (ANSA).
(ANSA) – SIDERNO (REGGIO CALABRIA), 18 NOV – Beni per un valore di oltre 200 milioni di euro sono stati sequestrati dalla polizia alla cosca Commisso di Siderno, tra le piu' attive della 'ndrangheta. I beni consistono in appartamenti, terreni, attivita' commerciali e denaro in contante: in pratica il 'tesoro' della cosca accumulato in decenni di attivita' illecite. Il sequestro rappresenta un seguito dell'operazione Crimine, sulle attivita' della 'ndrangheta in Lombardia, che a luglio porto' all'arresto di 300 persone.